Le professioni: come si “contano” in Italia, fonti e problemi aperti.

Le fonti di informazione sulle professioni in Italia sono molteplici e cercano di rispondere a domande di chi programma politiche pubbliche (che lavoro fanno le persone, quali competenze cercano i datori di lavoro, quali competenze e figure professionali mancano) oppure cercano di rispondere alle domande che si pongono le persone in cerca di lavoro (quante persone fanno questo lavoro, dove sono i datori di lavoro che cercano queste figure professionali).

Punti di partenza

Sicuramente uno dei punti di partenza per acquisire queste informazioni è ISTAT, e in particolare il sito dedicato al tema della classificazione delle professioni (http://cp2011.istat.it/). La classificazione delle professioni è organizzata gerarchicamente ad albero. Il primo livello è costituito da 9 grandi gruppi professionali: si parte dal gruppo 1, che contiene le professioni più qualificate, vale a dire a più alto contenuto di conoscenza, e, a parere di chi scrive, di autonomia e responsabilità (non a caso denominato “LEGISLATORI, IMPRENDITORI E ALTA DIRIGENZA”) e si scende via via verso il gruppo 8, dove invece sono raggruppate le professioni che richiedono meno conoscenza (non a caso il gruppo si chiama “professioni non qualificate”). Un gruppo a parte, il nono, è dedicato in via esclusiva alle forze armate, per il particolare tipo di compito e di organizzazione che le caratterizza.

Ci sono altri quattro livelli oltre primo che espandono i grandi gruppi in sottogruppi fino alla individuazione delle figure professionali vere e proprie (le “foglie” di questo albero di classificazione).

È quando si arriva ai livelli più profondi che si apre il “sistema informativo sulle professioni”, vale a dire un sistema di banche dati ed indicatori statistici che spiegano meglio cosa si intende esattamente identificare con quel nome di professione.

Matematici

Se espandiamo la classificazione, ad esempio, al livello 2.1.1.3.1 troviamo i Matematici, che vengono illustrati con alcuni esempi di professioni:

  • matematico

  • matematico esperto in applicazioni industriali

  • matematico esperto in matematica applicata

Altri dati e altre fonti

Sulla destra si apre il sistema di navigazione su altri siti pubblici che ci danno informazioni:

  • Istat stessa ci fornisce le informazioni sul numero di matematici negli ultimi tre anni in migliaia. Veniamo a sapere che in media, nel triennio 2014-2016, i matematici, statistici e professioni assimilate (2.1.1.3) in Italia erano 4.000 e che il 43% di loro erano donne (che sono solo il 41% degli occupati totale), che il 40% di loro ha più di 40 anni (sono un poco più anziani della media) e per l’83% sono lavoratori dipendenti.

  • ISFOL (ora si chiama INAP) ci descrive cosa fanno, in ordine di importanza e di frequenza, i matematici quando lavorano:

    • ideare e sviluppare modelli matematici

    • coordinare o partecipare a gruppi di lavoro o di ricerca

    • condurre attività di ricerca su teorie e concetti matematici

    • progettare e sviluppare strumenti scientifici o nuove metodologie di ricerca

    • partecipare al dibattito scientifico (conferenze, convegni, seminari, ecc.)

    • applicare teorie e concetti matematici per risolvere problemi

    • reperire fondi per progetti di ricerca

    • realizzare pubblicazioni scientifiche (articoli, saggi, ecc.)

    • elaborare algoritmi e metodi di calcolo per risolvere problemi

  • Unioncamere ci fa sapere, tramite l’indagine Excelsior, quanti matematici le imprese italiane erano disposte ad assumere nel 2016. Sappiamo che erano disponibili 50 posti in aziende prevalentemente grandi.

  • Inail ci fa sapere quanti infortuni sul lavoro ci sono stati, si che si possa valutare la pericolosità della professione. Nel nostro caso nei tre anni fra il 2013 e il 2015, ci sono stati solo due incidenti sul lavoro, a conferma del fatto che la matematica non è molto pericolosa.

  • Altri due link ci portano al sito del Ministero del Lavoro sul quale verificare se ci sono datori di lavoro con una ricerca attiva di matematici oppure per cercare, se si è un datore di lavoro, quali matematici stanno cercando un lavoro.

  • Completano la rassegna due link che ci portano sui sistemi del MIUR che ci danno l’offerta formativa per diventare matematici e ad alcune banche dati regionali sugli avviamenti al lavoro e le cessazioni di matematici.

Le domande che contano

Come si può capire solo da questo esempio le informazioni qualitative e quantitative di fonte pubblica sono davvero tante. Dopo avere scorso rapidamente l’esempio ne sappiamo molto di più sul mestiere del matematico in Italia. Perché allora si avverte tanto il bisogno di informazioni e di orientamento alla ricerca del lavoro? Non bastano tutte queste informazioni che abbiamo già? Perché ogni volta che scorriamo informazioni di questo tipo, ragionevolmente recenti e annualmente aggiornate, restiamo sempre con l’idea che tutto sommato siano in qualche misura “vecchie” o forse “incomplete”?

Naturalmente parte di questa impressione ci viene dalla curiosità del futuro: che professioni ci saranno quando avrò finito il percorso formativo che sto seguendo? Se dovessi “perdere il posto”, troverò ancora un lavoro come quello che faccio oggi?

Oltre a questo senso di insicurezza sul futuro, ci sono molte altre domande aperte su cosa veramente sia una professione, soprattutto su quanto velocemente i contenuti di una professione cambino sospinti dal progresso tecnologico. Forse pochi lo sanno, ma la parola “calcolatrice” che oggi usiamo per denotare uno strumento di calcolo che costa pochi euro, nel passato era il nome di una professione: la “calcolatrice” era spesso una donna che si occupava di fare e verificare lunghi calcoli di natura contabile.

Come proseguire

Su questi temi cercheremo di indagare all’interno di questa rubrica nei prossimi numeri. Ci sono forse più domande che risposte, ma cercheremo di condurre la nostra esplorazione con dati alla mano ed esempi, in modo da non lasciare mai teoria e pratica completamente isolate fra di loro. Speriamo in questo modo che il dibattito sull’evoluzione delle professioni possa trovare il posto che merita anche fra i progettisti di politiche pubbliche.