Lavorare nel posto sbagliato.

Come abbiamo visto in altri episodi di questa rubrica c’è un forte legame fra istruzione, qualificazione professionale e, potenzialmente, livelli di stipendio. Tuttavia l’istruzione formale (e anche le competenze informali) non garantiscono automaticamente un lavoro adeguato alle proprie capacità e ai livelli del titolo di studio posseduto. Molte indagini e molte parole si spendono sulla difficoltà che i datori di lavoro segnalano nell’assumere le persone giuste, ma oggi non parleremo di questo. La domanda che ci poniamo oggi è: quante persone lavorano “nel posto sbagliato”?

I dati europei e italiani

La risposta a questa domanda, anche per quanto riguarda l’Italia, la dobbiamo cercare presso Eurostat. Eurostat è l’ufficio di statistica dell’Unione Europea e ha come obbiettivo la produzione di dati comparabili a livello europeo sui singoli paesi e sulle regioni. Per fare questo naturalmente Eurostat si raccorda con gli istituti nazionali di statistica e rende disponibili, anche rielaborando i dati di base delle indagini nazionali, un grande numero di informazioni che riguardano il mercato del lavoro. Fra queste informazioni troviamo anche una valutazione del fenomeno chiamato “skill mismatch”, che in italiano letteralmente possiamo tradurre come “disallineamento di abilità” che potremmo definire in generale come la mancata corrispondenza tra le competenze richieste dal datore di lavoro per lo svolgimento di determinate mansioni e le abilità di cui è dotato un individuo che svolge qual lavoro . Diciamoci subito che c’è grande dibattito e poco accordo su come misurare il fenomeno e come identificarlo correttamente. Eurostat ha quindi deciso di proporre delle statistiche sperimentali che si possono scaricare a questo indirizzo.

Mismatch verticale

I fenomeni sotto osservazione sono in realtà due. Il primo riguarda il mismatch verticale ed il tasso di sovra qualificazione. Eurostat propone di misurarlo come la percentuale di sovra-qualificati per paese e settore. I sovraqualificati sono tutti coloro che avendo un tasso di istruzione terziaria (dal post diploma al master, i livelli ISCED dal 5 all’8, vedi per il sito del MIUR per maggiori dettagli) lavorano nelle famiglie professionali ISCO da 4 a 9 (nella classificazione ISTAT equivalgono ai gruppi da 4 a 8 ). La lettura di questo indicatore è chiara, ma non è comunque facile la lettura delle cause; ci possono essere settori dove le imprese non hanno difficoltà a reperire manodopera (molte persone offrono il loro lavoro) e la competizione fra lavoratori fa si che essi accettino posizioni per cui sono sovraqualificate. Tuttavia può accadere anche il contrario, vale a dire che le imprese che non trovano personale qualificato riducano verso il basso le loro richieste.
Se si osservano i dati a livello europeo si nota che nel commercio, nella riparazione di veicoli, e nel settore educativo la sovra qualificazione cresce quasi ovunque.

Il mismatch orizzontale.

Il secondo fenomeno è chiamato mismatch orizzontale, ovvero il fatto che alcune persone lavorano in un settore che non è connesso al campo di educazione in cui hanno conseguito il loro titolo di studio più alto. Il tasso di mismatch è calcolato per la classe di età da 15 a 34 anni per chi ha conseguito un titolo di livello almeno secondario, mentre viene calcolato per le classi da 25 a 34 anni per i titoli terziari.

Tassi di mismatch orizzontale stimati nel 2016 Fascia di età 15-34 Fascia di età 25-34
Titoli connessi a : Titoli di livello secondario o terziario Titoli di livello terziario
Educazione e formazione
Unione Europea, 28 Paesi 39,4 35,0
Italia 45,2 43,6
Scienze umane, arte e lingue
Unione Europea, 28 Paesi 56,9 48,6
Italia 68,6 65,0
Scienze sociali, economia, legge
Unione Europea, 28 Paesi 22,0 17,3
Italia 28,3 16,5
Matematica, scienze informatica
Unione Europea, 28 Paesi 49,2 39,0
Italia 51,3 37,4
Ingegneria, costruzioni, manifattura
Unione Europea, 28 Paesi 34,0 34,4
Italia 44,9 39,1
Agricoltura e veterinaria
Unione Europea, 28 Paesi 51,6 51,3
Italia 58,4 50,8
Medicina e welfare
Unione Europea, 28 Paesi 22,1 15,7
Italia 19,3 11,8
Servizi
Unione Europea, 28 Paesi 40,2 45,8
Italia 41,2 43,8

Fonte: Eurostat

L’indicatore non può essere calcolato per tutti gli occupati, dato che le informazioni sul campo di educazione sono disponibili solo per i titoli conseguiti per gli ultimi 15 anni. Va comunque notato che la rilevanza del titolo di studio come criterio di selezione da parte dei datori di lavoro sfuma nel tempo. La misurazione del mismatch orizzontale è rilevante per due motivi: per il lavoratore può essere frustrante lavorare in mansioni per le quali non si è ricevuta una formazione specifica, generando una sensazione di avere sprecato il tempo scolastico e di non ricevere un ritorno sull’investimento educativo effettuato. Per i datori di lavoro la presenza di mismatch orizzontale può generare prestazioni non ottimali e difficoltà nella crescita della produttività. I livelli di mismatch a livello europeo nel 2016 restano rilevanti per molti titoli di studio. Chiaramente l’impatto sulle dinamiche della produttività è difficile da stimare, ma sorprende che per alcune lauree considerate forti (matematiche, scienze, ingegneria) i tassi di mismatch a livello comunitario superino un terzo dei laureati occupati.

Il mismatch non misurato: incoerenza fra titoli formali e domanda di lavoro

In quasi tutti gli indicatori di mismatch il dati italiani risultano peggiori di quelli europei. Il tasso di mismatch orizzontale per chi ha conseguito titoli secondari e terziari in matematica, scienza e informatica superano il 50%. Si potrebbe pensare che per queste figure sia facile per le imprese trovare le persone adatte, ma non è così, le imprese continuano a dichiarare che mancano figure professionali di questo tipo. Sotto le etichette formali dei titoli di studio resta difficile identificare quali contenuti professionali cerchino effettivamente le imprese; resta un potenziale mismatch tutto da esplorare anche dentro l’apparente coerenza fra alcuni titoli di studio e le richieste delle imprese.

Rapidi cambiamenti e disorientamento

Di fronte a questi dati è difficile trarre una conclusione, ma sicuramente mote ipotesi restano da esplorare. Una parte della spiegazione sta in un mercato del lavoro che fa fatica a veicolare le persone giuste al posto giusto, e nel quale le opportunità contrattuali che generano maggiore flessibilità hanno generato precarietà a basso costo del lavoro. Dall’altra parte c’è un cambiamento sempre più rapido che ci impedisce di dire a chi sceglie un percorso scolastico oggi quali saranno le professioni ricercate fra 5 o 10 anni, molte delle quali debbono ancora essere inventate. Ed è per risolvere questo disorientamento che dobbiamo cercare nuovi modelli di educazione, formazione e orientamento.